Spesso, nel linguaggio comune, si parla di spalla congelata per far riferimento ad una sindrome dolorosa di questa articolazione, anche conosciuta come capsulite adesiva della spalla.
Si tratta di un fenomeno molto fastidioso, che limita progressivamente i movimenti della spalla fino alla sua totale rigidità. Ciò avviene quando si infiamma la capsula del tessuto connettivo, cioè quella struttura che regola, con i legamenti, il movimento dell’articolazione.
Nella prima fase, che dura quattro mesi circa, si verifica il vero e proprio “congelamento”: la spalla si irrigidisce sempre di più e il dolore si acutizza.
Successivamente, il dolore tende a diminuire leggermente, ma la rigidità permane. In questa fase, i sintomi possono perdurare anche per un anno intero.
Infine, avviene lo “scongelamento”, che può durare anche qualche anno: gradualmente, si verifica un ritorno alla normalità con il recupero dei movimenti.
Come abbiamo visto, la sindrome della spalla congelata può risolversi spontaneamente, ma la diagnosi precoce resta fondamentale, per evitare di allungare i tempi di guarigione e controllare immediatamente il dolore.
Sarà, naturalmente, lo specialista ad effettuare la diagnosi e a prescrivere una terapia farmacologica.
Oltre ai farmaci, un percorso mirato di fisioterapia è fondamentale per gestire la situazione. Appena possibile, il fisioterapista lavorerà, insieme al paziente, al recupero funzionale dell’articolazione e della mobilità, con degli esercizi specifici.
Bisogna evitare, infatti, che la spalla si irrigidisca ulteriormente.
I tempi di recupero sono lunghi, ma un’ottima percentuale di pazienti affetti dalla sindrome della spalla congelata, migliora con la fisioterapia.
Solo in rarissimi casi, è necessario ricorrere ad un intervento chirurgico.
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